Sebbene nel secondo trimestre si sia verificata una leggera ripresa, permane il cattivo stato di salute dell’artigianato in Italia: nei primi sei mesi di quest’anno, lo stock delle imprese artigiane è diminuito di 6.564 unità. Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo è stato negativo: i risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna (-761), in Sicilia (-700) e in Veneto (-629). A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre. Una moria, quella delle aziende artigiane, che dura ormai da dieci anni. Tra il 2009 e il 2018, infatti, il numero complessivo è sceso di quasi 165.600 unità.
Le cause della contrazione
«La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti», sostiene il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo, «sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare la loro attività. Per invertire la rotta, è necessario, oltre ad abbassare le imposte e alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale. L’artigianato è stato dipinto come un mondo destinato al declino; ora, per riguadagnare il ruolo che gli compete, ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra scuola e lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo quegli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del nostro Paese».
La difficoltà delle aziende a trovare personale
«Nonostante la crisi e i problemi generali che assillano l’artigianato», prosegue il segretario, Renato Mason, «non sono pochi gli imprenditori che segnalano difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo. Soprattutto al Nord, si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti di mezzi pesanti; i conduttori di macchine a controllo numerico; i tornitori; i fresatori; i verniciatori e i battilamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri».
Lo spettro dell’aumento dell’Iva
Un’ulteriore “stangata” al mondo dell’artigianato potrebbe arrivare il prossimo 1 gennaio. Se non si disinnescherà l’aumento dell’Iva, ricorda sempre la CGIA, l’innalzamento di 3 punti percentuali sia dell’aliquota ordinaria che di quella ridotta rischia di provocare degli effetti molto negativi sul fatturato delle attività artigiane, che vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie. «Oltre agli effetti economici e occupazionali, la riduzione del numero delle attività artigiane e in generale dei negozi di vicinato ha provocato delle ricadute sociali altrettanto significative: stiamo assistendo a una desertificazione dei centri storici e anche delle periferie urbane, sia delle grandi città che dei piccoli paesi».
Un segnale positivo dal decreto “Dignità”
«Lo ha capito persino la politica che, con il decreto “Dignità”, ha stabilito che dal 2020 i Comuni con meno di 20mila abitanti avranno la possibilità, per i successivi tre anni, di azzerare le tasse locali a quegli artigiani o piccoli commercianti che amplieranno il proprio negozio o riapriranno l’attività dopo un periodo di chiusura di almeno sei mesi. Un segnale, seppur insufficiente, che va nella direzione giusta: quella di rivitalizzare le nostre città e piccoli paesi che sono sempre più svuotati di attività e di servizi ai residenti».
L’autotrasporto il settore più colpito
Il settore artigiano più colpito dalla crisi è stato l’autotrasporto che, negli ultimi dieci anni, ha perso 22.847 imprese (-22,2%). Seguono le attività manifatturiere, con una riduzione pari a 58.027 unità (- 16,3%) e l’edilizia che ha visto crollare il numero delle imprese di 94.330 unità (-16,2%). Sono in forte aumento, invece, imprese di pulizia, giardinaggio e servizi alle imprese (+43,2%), attività cinematografiche e produzione software (+24,6%) e magazzinaggio e corrieri (+12,3%).Tra le aziende del settore produttivo, le più in difficoltà sono state quelle che producono macchinari (-36,1%), computer/elettronica (-33,8%) e i produttori di mezzi di trasporto (-31,8%).

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