«Qualcuno può affermare con certezza che, grazie a 166 miliardi di tasse in più, versati in questi ultimi vent’anni, la macchina pubblica è migliorata?», si chiede il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo. «In altre parole, la giustizia, la sicurezza, i trasporti (in particolar modo quelli a livello locale), le infrastrutture, la sanità e l’istruzione sono oggi più efficienti di allora? Oppure famiglie e imprese sono state obbligate a pagare di più e hanno ricevuto dallo Stato sempre meno? Non abbiamo dubbi: tra le due ipotesi ci sentiamo di avvalorare quest’ultima, anche perché questo maxi prelievo ha impoverito il Paese, provocando, assieme alle crisi maturate in questo ventennio, una crescita dell’Italia pari a zero, che nessun altro Paese del resto d’Europa ha registrato».
I vantaggi sono andati soprattutto all’Erario rispetto agli enti locali
«Nell’immaginario collettivo», afferma il segretario della Cgia, Renato Mason, «si è diffusa l’idea che, in questi ultimi anni, governatori e sindaci sarebbero diventati, loro malgrado, dei nuovi gabellieri, mentre lo Stato centrale avrebbe alleggerito la pressione fiscale nei confronti dei contribuenti. In realtà le cose sono andate diversamente. Se è vero che negli ultimi vent’anni le tasse locali sono aumentate del 37,1%, quelle incassate dall’amministrazione centrale sono cresciute del 49,3%. In termini assoluti, dalle Regioni e dagli enti locali abbiamo subito un aggravio fiscale di 20,3 miliardi, mentre il peso del fisco nazionale è salito di 145,7 miliardi. In altre parole, se dal 2000 le imposte locali hanno cominciato a correre, quelle erariali sono esplose, con il risultato che i contribuenti italiani sono stati costretti a pagare sempre di più».
L’autonomia differenziata come soluzione per ridurre i costi
In attesa che il Governo presenti la riforma fiscale, che consenta una drastica riduzione della pressione tributaria, i dati appena descritti consentono all’Ufficio studi della Cgia di fare una riflessione anche sul tema dell’autonomia differenziata. «In questi ultimi anni», continua Zabeo, «il tema dell’autonomia differenziata è stato vissuto come una contrapposizione tra Nord e Sud del Paese, quando invece è una partita che si gioca tra il centro e la periferia dello Stato: tra chi vuole un’amministrazione pubblica che funzioni meglio e costi meno e chi difende lo status quo, perché trasferendo funzioni e competenze ha paura di perdere potere e legittimità. E per conservare posizioni che non sono più difendibili, i proponenti di questa riforma sono stati accusati di voler impoverire ulteriormente le realtà territoriali più in difficoltà del Paese».

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