L’Ufficio studi della Cgia tiene a precisare che il fatturato totale delle imprese in Italia è pari a poco più di 3.100 miliardi di euro. Con una perdita dei ricavi, relativa al 2020, che dovrebbe aggirarsi attorno ai 420 miliardi, la contrazione rispetto al 2019 sarebbe del 13,5%. «È comunque necessario precisare che alle Pmi che hanno subito i contraccolpi più negativi della crisi, ovvero quelle che hanno dovuto chiudere per decreto, i ristori erogati dall’Esecutivo hanno coperto mediamente il 25% circa del calo del fatturato», dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason. «Le misure di sostegno al reddito approvate dal governo Conte, infatti, sono andate in larghissima parte alle attività che hanno registrato un crollo del giro di affari di almeno il 33% rispetto al 2019. Resta il fatto che anche per queste realtà gli aiuti economici sono stati insufficienti».
Se non si salvano le imprese e i posti di lavoro l’economia non riparte
In merito alle misure a sostegno delle attività costrette a chiudere completamente o parzialmente, la Cgia sottolinea che lo Stato e le Regioni hanno il diritto/dovere di predisporre tutte le restrizioni che ritengono utili per tutelare la salute pubblica. «È altresì evidente che, a fronte di provvedimenti che impongono la chiusura delle attività economiche, queste ultime devono essere aiutate economicamente in misura maggiore di quanto è stato fatto finora. È evidente che questa ulteriore spesa corrente contribuirebbe ad aumentare il debito pubblico, ma è altrettanto vero che, se non salviamo le imprese e i posti di lavoro, non gettiamo le basi per far ripartire la crescita economica; unica condizione in grado di ridurre nei prossimi anni la mole di debito pubblico che sta minando il futuro del nostro Paese».
Passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi
«Alle attività chiuse per decreto non sono più sufficienti dei semplici ristori, ma è necessario uno stanziamento che compensi quasi totalmente sia i mancati incassi sia le spese correnti che continuano a sostenere. Insomma, bisogna passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi. Lo stesso trattamento va riservato a quei comparti che seppur in attività è come se non lo fossero. Segnaliamo, in particolar modo, le imprese commerciali e artigianali ubicate nelle cosiddette città d’arte che, come dicevamo più sopra, hanno subito un tracollo delle presenze turistiche straniere. Particolare attenzione merita il trasporto pubblico locale non di linea (bus operator, autonoleggio con conducente e taxi), che sebbene siano sempre stati in servizio continuano ad avere i mezzi fermi nelle rimesse o nei posteggi».
Via le tasse per tutto il 2021 e rimborsare l’80% della perdita di fatturato
«Basta pannicelli caldi, servono misure choc in grado di risollevare le sorti delle nostre imprese». A sostenerlo è il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo. «Di fronte a una persona che subisce un arresto cardiaco, nel bagnargli la fronte sicuramente gli daremo un po’ di sollievo, ma l’intervento non sarà sufficiente a farlo rinvenire. In casi estremi, invece, è necessario utilizzare un defibrillatore per rianimarlo. Lo stesso bisogna fare con l’economia del nostro Paese. Dopo dieci mesi di pandemia, che ha provocato la più dura crisi economica degli ultimi 75 anni, i ristori, che sono risultati essere tardivi e insufficienti, non servono più a nulla. Bisogna, invece, cancellare le tasse per tutto il 2021 e introdurre dei rimborsi che coprano fino all’80% delle perdite di fatturato delle imprese costrette a chiudere per decreto».

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