Sono quasi 780mila (il 58,4% del totale) le imprese che prevedono di avere problemi di liquidità nei prossimi sei mesi e poco meno di 565mila (il restante 41,6%) quelle per cui invece si prospetta un futuro meno difficoltoso sul versante finanziario. La crisi di domanda che si è innescata con la pandemia Covid-19 e il clima di incertezza sui tempi del recupero fanno temere a molte imprese di non poter generare i flussi di cassa necessari a garantire l’ordinaria operatività aziendale. È quanto risulta da un approfondimento del sistema informativo Excelsior sull’universo di 1.380 mila imprese con almeno un dipendente, condotta tra il 22 giugno e il 6 luglio 2020 da Unioncamere in accordo con Anpal, per valutare le prospettive occupazionali a seguito dell’emergenza coronavirus.
Le imprese digitalizzate reggono meglio lo choc
Le imprese che si sono presentate di fronte allo choc generato dalla pandemia operando stabilmente sui mercati internazionali e quelle con strategie avanzate e integrate di digitalizzazione mostrano una solidità finanziaria relativamente maggiore (infatti, si attestano rispettivamente al 48% e al 45% dei relativi totali). Al contrario, soffrono maggiormente le micro imprese (1-9 dipendenti), per le quali raggiunge il 60,4% la quota di quante segnalano un insufficiente livello di liquidità; una situazione che migliora sensibilmente al crescere della dimensione di impresa, arrivando al 44% nelle imprese over 250.
Nell’ambito industriale è la moda a soffrire di più
Tra i settori industriali è la filiera della moda ad aver risentito più sensibilmente delle conseguenze del lockdown, tanto che problemi di liquidità sono indicati dal 68% delle imprese di questo settore, ma quote superiori al 60% si osservano anche nel legno-arredo e nell’industria della carta. Situazione di sostanziale equilibrio tra le imprese con e senza problemi di liquidità nella meccanica e nelle industrie elettriche ed elettroniche. Più intensa la carenza di liquidità nel Sud e nelle isole (la mettono in luce due terzi delle imprese) e nel Centro (60,3%), mentre nelle regioni settentrionali il problema è segnalato nel 53-54% dei casi.

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