La Fabi - Federazione autonoma bancari italiani - lancia l’allarme usura per imprese e famiglie, legato alla massiccia vendita di sofferenze e crediti deteriorati (npl - non performing loans) da parte delle banche italiane, in seguito alla pressione delle autorità di vigilanza europee. Un fenomeno sensibilmente cresciuto negli ultimi anni, che riguarda prestiti non rimborsati per oltre 360 miliardi di euro e che interessa, guardando alle sole sofferenze, oltre 1,2 milioni di soggetti, il 61% dei quali è esposto per cifre che vanno da 250 euro a 30mila euro. Si tratta di clienti bancari “ceduti”, con le loro rate scadute, dagli istituti bancari a società specializzate nel recupero crediti che, a detta della Fabi, operano frequentemente con modalità spregiudicate. Fotografando, con un’analisi dettagliata, l’impatto sui territori e i rischi sociali derivanti dalla cospicua cessione di pacchetti di non performing loans delle banche, è il Nord Ovest l’area geografica più toccata dal problema, col 33% degli npl totali. La Lombardia, in particolare, è in testa alla classifica, col 24,9%. «I tempi di recupero crediti delle società specializzate sono troppo veloci», commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. «Da qui, i pericoli per i titolari delle sofferenze di venire strozzati, con il serio rischio di finire, per disperazione, nelle mani degli usurai e della criminalità organizzata. È una bomba che sta per esplodere e il Governo deve intervenire a stretto giro, con una legge ad hoc, salvaguardando Pmi in crisi, oltre che famiglie disperate. Senza dimenticare che le ripetute cessioni di sofferenze da parte delle banche hanno un impatto negativo sul settore, sia per quanto riguarda l’occupazione sia perché le stesse banche rinunciano ad attività che potrebbero essere ben gestite al proprio interno».

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