Tecnici per la progettazione e lo sviluppo di applicazioni informatiche e la gestione di database, anche nel campo sanitario così come in quello edile o del turismo, ma anche futuri artigiani in grado di valorizzare i prodotti del made in Italy. Da settembre, con il riavvio del nuovo anno scolastico e formativo, ripartono anche i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS), insieme alla formazione professionalizzante della filiera leFP, di cui l’Inapp, l’Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche, monitora ogni anno i risultati, per conto del ministero del Lavoro e in collaborazione con le Regioni e Province Autonome.
A tre anni dal diploma leFP gli occupati sono il 69%
Per l’Inapp, entrambe le filiere formative, in cui una parte rilevante del percorso viene realizzata in azienda, si confermano un buon canale di accesso al mercato del lavoro. A tre anni dal diploma, il tasso di occupazione degli studenti della filiera leFP si attesta al 69%, mentre per i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, a un anno dalla fine del corso, uno studente su due ha trovato lavoro e a due anni la quota di occupati sale al 64%.
Per l’Italia nuove opportunità in diversi settori
«La cosiddetta filiera lunga della formazione tecnico-professionale avrà un ruolo ancora più centrale nella fase di ripresa post virus», spiega Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp. «Se infatti la crisi economica, dovuta anche al blocco delle attività durante il lockdown, ha messo a nudo le debolezze del nostro sistema produttivo, è altrettanto vero che l’occasione unica del piano europeo “Next Generation EU”, da oltre 200 miliardi di euro, apre per l’Italia nuove opportunità nel campo sanitario, dell’assistenza alle persone, nell’informatica, nell’economia circolare, nella logistica, nei servizi in campo ambientale ed ecologico».
La soluzione al problema annoso della bassa produttività
«Per questo c’è bisogno di tecnici altamente qualificati, di ragazzi e ragazze che abbiano voglia di “ridisegnare” il mondo lavorativo e produttivo post Covid-19. Se i contenuti formativi di queste strutture educative avranno la capacità (e devono averla) di ancorarsi tempestivamente ai fabbisogni di capitale cognitivo relativi alla “quarta rivoluzione industriale” e ai fabbisogni espressi dal sistema produttivo in trasformazione, si otterrà il duplice risultato di colmare la carenza di tecnici qualificati lamentata da molte imprese e nello stesso tempo di favorire la diffusione delle nuove tecnologie presso le unità produttive di tutte le dimensioni e di tutti i settori. In questo modo verrà dato un grande contributo alla soluzione di quel problema della bassa produttività che da tempo caratterizza il sistema produttivo italiano».

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