CNA lancia l’allarme sul decreto “Rifiuti”. Alcune norme del provvedimento, infatti, determinano un pesante aggravio di costi a carico delle imprese e mettono a rischio il percorso virtuoso verso l’economia circolare. A giudizio della CNA, infatti, il decreto interpreta erroneamente la definizione indicata nella direttiva comunitaria, trasformando di fatto in rifiuti urbani una quota rilevante di rifiuti speciali non pericolosi prodotti dalle imprese.
L'importo della Tari potrebbe quintuplicare
«La novità», afferma la vice presidente della CNA alle Politiche della sostenibilità, ambiente e energia, Elena Calabria, «potrebbe rappresentare una semplificazione, potendo gestire i rifiuti speciali non pericolosi come rifiuti urbani, ma nella sostanza comporterà un aumento dei costi per i produttori. Infatti, per molte imprese ci sarà un ampliamento delle superfici che rientrano nel computo della Tari, con relativo incremento dell’imposta che, secondo stime della CNA, per alcuni settori potrebbe arrivare fino a cinque volte gli importi attuali».
Un correttivo insufficiente
«Il correttivo, introdotto nel corso dell’iter di conversione in legge del decreto, è insufficiente. La possibilità concessa alle imprese di scegliere una gestione a mercato di tali rifiuti risulta infatti fittizia, in quanto non è chiaro l’effettivo risparmio sulla Tari, e soprattutto perché introduce un assurdo vincolo contrattuale di cinque anni, che contrasta con la libertà dell’attività economica. Infine, il decreto favorisce la gestione dei rifiuti speciali non pericolosi all’interno del servizio pubblico, che molto difficilmente potrà garantire tassi di riciclo superiori a quelli realizzati negli anni dalla gestione a mercato».

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